Il diritto all’oblio assume una nuova veste e fa il suo ingresso nel quadro normativo italiano, a partire dal primo gennaio 2023 attraverso l’entrata in vigore la riforma della giustizia “Cartabia”, dal nome della Ministra che l’ha promossa.In origine, l’espressione “diritto all’oblio”, era prevalentemente legata al mondo della stampa e della televisione ed indicava il “diritto di una persona a non vedere pubblicate alcune notizie relative a vicende, già legittimamente pubblicate, rispetto all’accadimento delle quali è trascorso un notevole lasso di tempo”. L’evoluzione dei mezzi di comunicazione ha reso necessaria una nuova interpretazione e una nuova tutela. Nei tre giorni successivi alla conclusione favorevole del processo o del procedimento penale, l’interessato potrà chiedere, attraverso una procedura velocizzata, un provvedimento di deindicizzazione rivolgendosi alla cancelleria del giudice che ha emesso la sentenza di assoluzione o il decreto di archiviazione.
Il quadro normativo europeo
Il diritto all’oblio anche noto come “Diritto alla cancellazione”, trova spazio non solo nella normativa nazionale ma anche in quella sovrannazionale. In particolare, l’articolo 17 del Regolamento UE 16/678 (GDPR) determina il diritto di ogni cittadino europeo di chiedere ed ottenere la cancellazione dei propri dati dagli archivi di ogni titolare del trattamento a date condizioni.
“Diritto all’oblio degli imputati e delle persone sottoposte ad indagini”
Oggi le informazioni viaggiano rapidamente ma alcune, più di altre, possono ledere la dignità della persona o condannarla alla prigionia mediatica dei dati intrappolati nel web. La situazione è ancora più complessa se si considerano casi specifici come quelli che riguardano imputati o persone sottoposte ad indagini. Il D.lgs. n. 150 del 10 ottobre 2022 ha introdotto l’art. 64-ter c.p.p.
Il comma 1, prevede che “La persona nei cui confronti sono stati pronunciati una sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere ovvero un provvedimento di archiviazione può richiedere che sia preclusa l’indicizzazione o che sia disposta la deindicizzazione, sulla rete internet, dei dati personali riportati nella sentenza o nel provvedimento, ai sensi e nei limiti dell’articolo 17 del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016. Resta fermo quanto previsto dall’articolo 52 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.”
In verità Già il comma 25 dell’art. 1 della L. 27 settembre 2021, n. 134 prevedeva il diritto alla deindicizzazione in capo agli imputati assolti o agli indagati a seguito dell’emissione di un decreto di archiviazione e di una sentenza di non luogo a procedere o di assoluzione. La Riforma Cartabia, tuttavia, ha reso l’operazione più rapida e immediata.
La richiesta di “deindicizzazione” nel suo nuovo Iter
Prima di continuare nella trattazione del tema è bene precisare che quando parliamo di “cancellazione” non siamo del tutto esatti. Dovremmo, infatti, parlare di “deindicizzazione”. La deindicizzazione, infatti, è un’operazione che non elimina un contenuto ma lo rende non direttamente accessibile tramite i motori di ricerca esterni all’archivio in cui quel contenuto si trova.
Il comma 2 dell’art. 64-ter c.p.p. sancisce che “Nel caso di richiesta volta a precludere l’indicizzazione, la cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento appone e sottoscrive la seguente annotazione, recante sempre l’indicazione degli estremi del presente articolo: «Ai sensi e nei limiti dell’ articolo 17 del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, è preclusa l’indicizzazione del presente provvedimento rispetto a ricerche condotte sulla rete internet a partire dal nominativo dell’istante.»”.
Infine, il comma 3 prevede che “Nel caso di richiesta volta ad ottenere la deindicizzazione, la cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento appone e sottoscrive la seguente annotazione, recante sempre l’indicazione degli estremi del presente articolo: «Il presente provvedimento costituisce titolo per ottenere, ai sensi e nei limiti dell’ articolo 17 del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, un provvedimento di sottrazione dell’indicizzazione, da parte dei motori di ricerca generalisti, di contenuti relativi al procedimento penale, rispetto a ricerche condotte a partire dal nominativo dell’istante.»”.
Una bilancia necessaria
Il diritto all’oblio deve essere considerato nell’ottica del necessario bilanciamento dei diritti previsti dalla nostra Carta Costituzionale in primis “Il diritto alla riservatezza” e il “diritto di cronaca”.
Il diritto alla riservatezza, la cui fonte primaria è l’art. 2 della Costituzione italiana, è il “diritto di tenere segreti aspetti, comportamenti, atti relativi alla sfera intima della persona”. Questo, per ovvie ragioni, si intreccia con il diritto di cronaca ovvero il diritto d’informare, attraverso la pubblicazione o altri mezzi, tutto ciò che è collegato a fatti e avvenimenti di interesse pubblico o che accadono in pubblico. Rientra tra i diritti che attengono alla libertà di manifestazione del pensiero. La divulgazione di notizie durante lo svolgimento dell’attività giornalistica presuppone la raccolta e la diffusione di informazioni relative ai soggetti ai quali le notizie si riferiscono. I giornalisti, nello svolgimento della loro attività professionale, non hanno l’obbligo di acquisire il consenso delle persone dei cui dati si tratta né tantomeno l’autorizzazione da parte delle stesse o del Garante della Privacy ma, ovviamente, il loro potere di acquisizione delle notizie e di indagine non è illimitato. L’art. 137 del codice della privacy (D. Lgs. 196/2003) stabilisce che il professionista è sempre tenuto al rispetto dei limiti imposti dal diritto di cronaca in particolare di quello che impone il rispetto di un principio cardine “L’essenzialità dell’informazione riguardo ai fatti di interesse pubblico”.
Riforma Cartabia. Quello che non cambia
La Riforma Cartabia, come anticipato, ha reso la procedura per chiedere ed ottenere il diritto all’oblio rapido più semplice, veloce e immediata. Una tutela necessaria a favore di imputati o indagati assolti o i cui casi sono stato archiviati. Il Garante Privacy ha tenuto a precisare, tuttavia, che per l’eventuale applicazione del diritto all’oblio, resta, come strada maestra, quella del bilanciamento tra diritto alla riservatezza e diritto all’informazione.
Il diritto di essere dimenticati
Il diritto all’oblio è in buona sostanza il diritto ad essere dimenticati senza restare esposti, per sempre, alle conseguenze dannose che possono derivare al proprio onore e alla propria reputazione da fatti commessi in passato o da vicende nelle quali si è rimasti coinvolti e che sono divenuti oggetto di cronaca. Soprattutto quando, con il passare del tempo, i fatti non suscitano più interesse e sono diventati irrilevanti. Attraverso questo passaggio un individuo può ricostruire (dove necessario) la propria reputazione compromessa nell’esercizio legittimo del diritto di cronaca.
A cura di Luana Prontera