Quando parliamo di “cyberbullismo” facciamo riferimento ad un fenomeno che, negli ultimi anni, ha fatto registrare una crescita spaventosa soprattutto tra giovani e giovanissimi. Il termine è spesso impiegato per definire e descrivere forme di molestie e aggressioni perpetuate attraverso il web. Ad una prima e imprecisa disamina potrebbero sembrare episodi di gravità sottovalutabile ma non è quasi mai così. Tutto ciò che accade nel mondo virtuale, infatti, ha delle ricadute in quello reale e anche alcune conseguenze psicologiche sulle vittime.
Il web tra trappole e opportunità
Oggi basta un computer, una connessione internet e l’accesso generalizzato a social e piattaforme di messaggistica per entrare in contatto con persone provenienti da ogni parte del mondo. Si tratta, senza dubbio, di un’opportunità preziosa ma anche preoccupante se si considerano alcuni aspetti. La rivoluzione informatica ha determinato, da un lato, vantaggi evidenti ed innegabili in ogni settore. Dall’altro ha sgretolato i rapporti umani e (in alcuni casi) ha ridotto le persone in automi incapaci di comprendere che quello che succede nel mondo del web è grave tanto quanto quello che succede nel mondo reale.
Il bullismo. Un antenato tutt’altro che recente
Il cyberbullismo è strettamente legato al fenomeno originario: il bullismo. Questo esiste da sempre fra gli adolescenti ma, negli ultimi anni, è cresciuta la sensibilità verso il tema e si è registrata una tendenza preoccupante che vede l’età media delle persone coinvolte in episodi di bullismo abbassarsi sempre di più. I primi episodi si manifestano solitamente alle scuole medie, ma le aggressioni e gli atteggiamenti denigratori nei confronti dei coetanei inizia ad insediarsi già alle elementari. La crescita del fenomeno e una rinnovata attenzione sul tema ha portato all’istituzione della Giornata contro il Bullismo e il Cyberbullismo. Istituita nel 2017, l’appuntamento si celebra in Italia il 7 febbraio di ogni anno e chiama alla riflessione istituzioni, esperti e associazioni specializzate cercano di sensibilizzare giovani e adulti riguardo una piaga sociale e umana che purtroppo sembra sempre più diffusa anche a causa delle nuove tecnologie.
Perché il cyberbullismo non può essere assolutamente sottovalutato
Nell’immaginario collettivo gli episodi di cyberbullismo appaiono meno gravi rispetto ai più classici fenomeni di bullismo perché sono privi della dimensione fisica e materiale che caratterizza questi ultimi. Si tratta, ovviamente, di un errore comune che porta a sottovalutare la pericolosità del contesto virtuale per giovani, giovanissimi ma anche persone adulte e particolarmente fragili. L’anonimato, l’assenza di un contatto umano, oltre alla certezza di una sorta di impunità che l’uso di strumenti informatici può falsamente ingenerare negli utenti più giovani, ha portato ad una acquiescenza del fenomeno. Di tale fenomeno si è occupato anche il legislatore, approvando nel 2017 una legge recante misure di contrasto e prevenzione. Molte sono le attività di sensibilizzazione nelle scuole e nelle piazze ma non sempre generano gli effetti sperati.
La legge 71/2017. Quando si può parlare di cyberbullismo e quando no?
Il dettato della dalla L. 71/2017 offre la definizione giuridica del fenomeno tratteggiandolo. Nell’espressione cyberbullismo rientra “qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti on line aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo”. La definizione è ampia ma la norma contempla una vasta schiera di condotte che vanno dai più diretti attacchi all’onore e alla reputazione della persona sino a più insidiose azioni connotate da intenti ingannatori e fraudolenti. Ogni azione è tuttavia legata all’indebito utilizzo di dati personali e alla loro diffusione online attraverso strumenti di più moderna tecnologia.
I bersagli da tutelare non solo minori e persone fragili
L’aggressività da tastiera corre veloce sul web e prende spesso come bersaglio minori e persone fragili ma non solo. Il fenomeno del cyberbullismo, parte da fattori culturali come la maleducazione e l’inciviltà nell’uso degli strumenti di comunicazione. Lo scopo è sempre quello di isolare uno o più persone individuati come bersaglio attraverso comportamenti gravi capaci di recare un serio pregiudizio alla persona offesa.
Le tutele
Sono numerosi i reati che potrebbero astrattamente configurarsi dinanzi ad una delle condotte che rientrano nella nozione di cyberbullismo. L’invio di messaggi di contenuto denigratorio attraverso servizi di messaggistica, chat, forum o social network, potrebbe configurare un’ipotesi di diffamazione (art. 595 cod. pen.). Se i messaggi hanno carattere minatorio, potrebbero ravvisarsi la contravvenzione di molestie o disturbo alle persone (art. 660 cod. pen.) o il delitto di minaccia (art. 612 cod. pen.); in caso di sistematicità delle condotte potrebbe configurarsi il più grave, reato di atti persecutori (art. 612-bis cod. pen.). L’elenco potrebbe essere molto lungo e la previsione di tutela non è solo quella sul piano penale ma anche civile con la richiesta di eventuale risarcimento dei danni patiti. Il fenomeno del bullismo e del cyberbullismo molto complesso e servirebbe una trattazione specifica per comprendere, dal punto di vista giuridico, come il legislatore si è schierato a favore delle vittime.