Le competenze digitali sono diventate una componente vitale in tutti i settori della società moderna. In un mondo in continua evoluzione, l’uso della tecnologia è la vera chiave del successo personale e professionale di un individuo. Questa trasformazione, più o meno rapida, ha impattato profondamente ogni aspetto della nostra vita, dal lavoro all’istruzione, dalla comunicazione all’economia. Ci obbliga, in qualche modo, ad allargare i nostri orizzonti e ad implementare le nostre conoscenze e competenze di settore.
Formazione e futuro. Il rischio di avere studenti impreparati
Alcuni settori sono più strategici di altri, si pensi al mondo dell’istruzione. Nell’era digitale, infatti, questo tipo di competenze sono diventate un pilastro fondamentale nella scuola e nelle università perché è necessario preparare gli studenti ad affrontare le sfide del futuro in modo critico ed efficace, migliorando la loro creatività, le capacità comunicative e quelle legate al problem-solving. Non basta, infatti, saper utilizzare bene gli strumenti digitali in senso tecnico. Occorre formarsi ad un utilizzo consapevole, versatile e pertinente al fine di ottimizzare le risorse in modo adeguato creando “valore”. In conclusione, investire nell’acquisizione di competenze digitali nella scuola è fondamentale se vogliamo coltivare cittadini pronti a vivere e lavorare nella società tecnologicamente avanzata di oggi e in quella di domani.
Il mondo del lavoro. Se non sei al passo sei fuori
Potrebbe sembrare crudele ma c’è una verità che sta emergendo in modo determinante, soprattutto in questi ultimi anni. Nel mondo del lavoro, avere competenze digitali è un requisito indispensabile. Dalle comunicazioni aziendali alla gestione delle risorse, i professionisti devono padroneggiare questi strumenti e conoscere l’automazione per rimanere competitivi sul mercato del lavoro in continua evoluzione. Il tema rilevante di quest’epoca è quello legato all’etica digitale e alla sicurezza informatica. Due concetti destinati a diventare pilastri imprescindibili di ogni realtà produttiva e commerciale.
Il PNRR e i fondi destinati alla digitalizzazione in Italia
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) destina cospicui fondi alla digitalizzazione dell’Italia e rappresenta un’opportunità da non perdere. Tuttavia, affinché questa trasformazione sia efficace ed equa, deve mettere al centro le persone e concentrarsi sul miglioramento delle risorse umane e del personale. Non basta investire nelle infrastrutture digitali, occorre formare i cittadini e aggiornare le PA (Pubbliche Amministrazioni), in modo che tutti possano trarre vantaggio dai progressi tecnologici.
La formazione. Gli obbiettivi UE
L’obiettivo dell’Unione Europea è quello di promuovere l’iniziativa Deep Tech Talent, guidata dall’Istituto europeo di tecnologia e innovazione (Eit) e lanciata ufficialmente nel 2022 dalla Commissione Europea. Questa iniziativa mira a formare le competenze del futuro, focalizzandosi su settori all’avanguardia necessari per affrontare le sfide globali. Entro i prossimi tre anni, si prevede di raggiungere un milione di persone attraverso programmi educativi. Un gruppo di aziende ha già aderito al progetto e le prospettive di sviluppo sono più che ottime. Questo progetto si colloca tra le iniziative presenti nella piattaforma europea per le competenze e l’occupazione, una vetrina che raccoglie tutti i progetti dei Paesi aderenti. Qui, i Paesi possono attingere e imparare dalle esperienze di altre nazioni, come Danimarca e Olanda, che vantano livelli elevati di digitalizzazione statale e implementano politiche educative incentrate sull’uso del digitale e percorsi di formazione intensivi e indirizzati ai giovani di tutte le nazionalità.
La situazione dell’Italia (che non rassicura)
L’Italia, nonostante progressi su alcuni fronti, rimane indietro nello sviluppo delle competenze digitali, rappresentando il tallone d’Achille del processo di digitalizzazione nel Paese. Oggi, 26 milioni di persone tra i 16 e i 74 anni, non possiedono competenze digitali di base, superando la media europea del 46%. Tra i gruppi più svantaggiati si trovano i giovani tra i 25 e i 34 anni e le donne, con solo il 43% di loro che possiede competenze digitali di base rispetto al 52% della media europea. Inoltre, l’Italia ha il più alto tasso di giovani Neet, ovvero oltre 3 milioni di giovani non occupati e non in formazione. Proprio verso questi soggetti c’è un’attenzione massima da parte delle istituzioni e molti finanziamenti a fondo perduto mirano a colmare questo gap.
Ritardo nella formazione digitale: le conseguenze
Il ritardo nella formazione digitale ha conseguenze negative sia per i cittadini, che vengono privati dei servizi sempre più digitalizzati, sia per l’economia del Paese. Infatti, il capitale umano è diventato essenziale per la competitività delle aziende e dei Paesi in un mondo sempre più orientato verso la formazione e la tecnologia. Una delle cause di questa situazione è la scarsa integrazione delle tecnologie digitali nel sistema educativo e formativo italiano. In pratica, le scuole investono poco nell’apprendimento digitale e sono ancora legate a metodologie tradizionali, con poche innovazioni. La presenza di tecnologie digitali nelle scuole, infatti, è ancora limitata ai metodi più tradizionali, come il registro elettronico e le lavagne interattive. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) rappresenta un’occasione unica per andare oltre introducendo, nei contesti formativi e scolastici, tecnologie di nuova generazione come la realtà virtuale e l’intelligenza artificiale. Il coding e la robotica, elementi essenziali per la formazione digitale, sono ancora poco diffusi nelle scuole, e il processo di integrazione è in ritardo rispetto agli obiettivi stabiliti nel 2019. Anche nelle università, gli investimenti in soluzioni tecnologiche rimangono modesti, non permettendo una trasformazione digitale adeguata dell’esperienza educativa.